Cooperative di edilizia sociale: i dubbi sull’atto di assegnazione a termine iniziale

Le cooperative di edilizia sociale, anche se aderenti a programmi variamente denominati, come social housing, edilizia convenzionata o agevolata, sono tutte caratterizzate da uno scopo e da un vincolo comuni.

Lo scopo è quello di immettere nel mercato delle locazioni immobili a canone calmierato, per consentire alle persone meno abbienti di poter accedere al bene casa. Il vincolo è costituito dal fatto che gli immobili in questione nascono con un dna che li vede destinati alla locazione per un certo numero di anni.

Detto in altri termini, sugli immobili in questione viene trascritto un vincolo di natura reale che gli impedisce, anche in caso di vendita, di essere distolti, per il prestabilito numero di anni, dallo scopo primario cui l’Ente locale di riferimento li ha destinati.

Da un punto di vista economico, ciò si spiega con la considerazione che l’Ente pubblico, nel rilasciare la concessione, tiene conto di particolari sovvenzioni o benefici riconosciuti al costruttore e, in cambio, pretende il suo impegno formale a destinare gli immobili alle esigenze dell’edilizia sociale.

Uno degli esempi che si possono formulare è quello del costruttore che, avendo chiesto di poter realizzare una certa cubatura di edilizia abitativa ordinaria, in cambio della concessione si accolla l’onere di costruire una certa aliquota di cubatura residenziale a destinazione sociale.

In questi casi, dal punto di vista del calcolo economico, il costruttore considera che la possibilità di cedere a prezzo di mercato la cubatura ordinaria, giustifica ampiamente il diminuito o ritardato introito derivante dalla cubatura sociale.

Ponendo l’ipotesi che la cubatura sociale venga vincolata per sette anni, durante tale lasso di tempo il costruttore dovrà necessariamente locare a inquilini dotati di particolari requisiti di reddito e di patrimonio (da calcolarsi a livello di nucleo familiare), accontentandosi di percepire un canone più basso di quello di mercato. Al termine del periodo prestabilito, nel nostro esempio i sette anni, il costruttore potrà vendere gli immobili agli inquilini che si trovino nella legittima detenzione, per un corrispettivo anch’esso calmierato rispetto ai prezzi di mercato.

In sostanza, la legge vuole evitare che, su tale tipologia abitativa, il costruttore realizzi un lucro illegittimo a spese delle categorie protette.

Quanto alla verifica dei requisiti per poter accedere a tali locazioni con possibilità di futuro acquisto, gli enti locali sono soliti attribuirne al costruttore medesimo l’onere. Di conseguenza, il concessionario dovrà accertare, anche attraverso un’autocertificazione sottoscritta dall’inquilino, la sussistenza dei requisiti di legge al momento dell’immissione in possesso, come pure la loro permanenza fino al momento di maturazione del diritto di esercitare l’eventuale opzione di acquisto.

Prima ancora, il costruttore concessionario, in conformità allo spirito di tali iniziative edilizie, dovrebbe pubblicizzare adeguatamente l’offerta locatizia e stilare una sorta di graduatoria fra gli aspiranti.

Sia detto per inciso che il concessionario, nello svolgimento di tali funzioni delegate, può finire per assumere la posizione di pubblico ufficiale e, come tale, in caso di attività, sia certificative che esecutive, svolte in modo fraudolento, potrebbe essere chiamato a rispondere in sede penale dei pertinenti reati, anche a titolo di eventuale concorso con l’inquilino.

Operato il necessario inquadramento sin qui sunteggiato, occorre ora parlare di una prassi negoziale che si è venuta delineando negli ultimi tempi e che spesso viene proposta ad aspiranti acquirenti, più o meno ignari di essere inquilini agevolati.

Tale prassi può venire in gioco allorché il costruttore del nostro esempio non voglia attendere lo spirare del settimo anno per incassare il corrispettivo.

Egli, in questa ipotesi, promuove la costituzione di (o l’accordo con) una cooperativa edilizia, la quale cede gli immobili ai soci con un atto notarile a termine iniziale.

L’assegnazione a termine iniziale, nella tipologia di strategia negoziale in parola, consiste in un atto notarile che viene stipulato oggi ma che prevede un’efficacia traslativa differita, destinata a “scattare” in automatico fra sette anni, vale a dire al momento di scadenza del vincolo.

Un indubbio vantaggio pratico di tale tipologia di contratto consiste nel fatto che il presidente della cooperativa o, comunque, il soggetto cedente/assegnante, non deve prestare ulteriore consenso allo scadere del termine e, dunque, non vi sarà alcun altro atto notarile da stipulare. Come vedremo questa assenza di ulteriore e successivo consenso rappresenta, però, anche un profilo di rischio per potenziale illegittimità/nullità del trasferimento.

Quanto all’aspetto economico, il costruttore del nostro esempio e, per lui, la cooperativa, possono realizzare il loro intento di percepire subito il corrispettivo degli immobili di edilizia sociale. Infatti, l’atto a termine iniziale, proprio perché “definitivo” (seppure ad efficacia traslativa differita), va pagato subito. Esso, in altri termini, fornisce al venditore la giustificazione per pretendere subito l’intero corrispettivo della cessione, corrispettivo che il socio pagherà, eventualmente, in tutto o in parte con accensione di mutuo sullo stesso immobile; in quest’ultimo caso la cooperativa farà da terzo datore di ipoteca.

Nel corrispettivo che il costruttore percepisce subito, sono inglobati anche i canoni di locazione per l’intero settennato.

Vediamo ora l’operazione dal punto prospettico del conduttore, che naturalmente, essendo il soggetto che paga tutto e subito, ha maggiore interesse alla valutazione di eventuali profili di rischio.

Il nostro conduttore sarà, spesso, un “inquilino sociale” atipico.

La sua atipicità risiederà nel fatto che egli, pur munito di Isee in ipotesi congruo – il quale gli consentirà di accedere al bene quale conduttore agevolato – avrà, di fatto, disponibilità finanziaria per pagare fin da subito il bene e tutti i canoni o, comunque, per accedere al mutuo, volto ad eseguire, in tutto o in parte, detto pagamento.

Egli, grazie all’Isee e/o alla sua autocertificazione, entrerà in possesso dell’immobile in qualità di inquilino agevolato ma, anziché pagare il canone mese per mese, verserà tutti i canoni in anticipo per l’intera durata di sette anni.

Sarà formalmente inquilino ma, nel contempo, acquirente a termine del medesimo alloggio.

Allo scadere del termine, diverrà in automatico proprietario, senza alcuna verifica da parte dell’Ente locale o, per esso, del concessionario/cooperativa, della permanenza dei requisiti per poter essere legittimo conduttore agevolato e, di conseguenza, per poter esercitare quel diritto di opzione che, di fatto, è stato già esercitato sette anni prima.

Questo schema negoziale può presentare alcuni margini di rischio.

L’incidenza di tali rischi, naturalmente, non può essere rappresentata in generale, poiché essa dipende, in senso giuridico, dal concreto rapporto fra cooperativa e inquilino e, dal punto di vista pratico, dalle vicende della cooperativa assegnante e dalla frequenza e pregnanza dei controlli pubblici sull’ assegnante medesima e sulla fase esecutiva della concessione edilizia socialmente rilevante.

Certo è che, in alcuni casi, i soggetti a vario titolo interessati al programma edilizio in parola (si pensi, a titolo di mero esempio, a un curatore fallimentare della cooperativa, ove questa fallisse) potrebbero tentare di dedurre la figura della nullità del contratto per frode alla legge, allo scopo di riprendersi l’immobile.

In ultima analisi, uno degli aspetti di possibile illegittimità potrebbe risiedere nella circostanza per cui lo schema negoziale in esame, attraverso l’assegnazione dell’alloggio al socio – con unico atto iniziale e definitivo, sia a titolo di locazione, che di assegnazione in proprietà differita – determina la privazione, in capo alla cooperativa assegnante, di ogni potere di controllo in ordine alle modalità di utilizzo conformi alla normativa, sino a privarla del controllo finale, relativo alla sussistenza dei requisiti per il legittimo esercizio dell’opzione di acquisto.

Invero, una modalità di utilizzo non conforme alle prescrizioni di legge e regolamento, unitamente al pagamento anticipato di tutti i canoni e alle altre atipicità sin qui descritte, potrebbe far emergere un sospetto di utilizzo speculativo dello strumento di edilizia sociale.

In conclusione, sarà ormai ben chiaro che chi decide di sottoscrivere uno schema del tipo descritto deve prima valutarne attentamente i rischi e, nel contempo, deve verificare che l’offerta economica sia davvero invitante. Del resto, è noto che ogni profilo di rischio deve trovare adeguato contrappeso in un congruo vantaggio economico.

Autore dell’articolo Enrico Leo e Antonella Pulcini – tutti i diritti riservati

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