Le sole risultanze della contabilità della fallita non sono idonee a dimostrare la distrazione

  Sia nei processi per bancarotta fraudolenta che nelle azioni di responsabilità intentate dai curatori fallimentari, vi può essere la tentazione di semplificare eccessivamente la prova dei fatti di presunta distrazione.

  Nel primo caso si giunge a imputazioni e, in qualche caso, a condanne illegittime, mentre nel secondo caso si può assistere ad azioni civili di danno che rischiano di rivelarsi infondate.

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La Cassazione penale (45285/2023) torna sul tema del concorso fra bancarotta e autoriciclaggio

  Si tratta di un tema particolarmente caldo, in quanto l’imprenditore che intravede all’orizzonte uno scenario di fallimento, sempre più spesso agisce d’anticipo e si adopera per trasferire ad un soggetto formalmente terzo i beni della società in dissesto.

  L’operazione è accompagnata da sottrazione o manipolazione delle scritture contabili, quale ovvia necessità di occultamento della sottrazione.

  La prassi appena descritta si presta ad essere inquadrata in una doppia incriminazione, quella per bancarotta, cui si aggiunge quella per autoriciclaggio (o anche riciclaggio), reati questi ultimi rispetto ai quali gli investigatori manifestano una sempre crescente attenzione.

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Accertamento relativo a fatture per operazioni inesistenti: il questionario della Guardia di Finanza

  Può accadere che la Gdf, in forza dei poteri accertativi di legge, che gli consentono, fra l’altro, di “… inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti…”, abbia inviato alla vostra società un questionario da compilare, sollecitando una risposta ad alcuni quesiti, relativi a fatture da voi ricevute e contabilizzate.

  Tale questionario, per il momento, non vi pone nella posizione di “soggetto sottoposto ad accertamento fiscale” ma vi considera come un soggetto terzo che ha avuto rapporti rilevanti con il soggetto sottoposto ad accertamento.

  Si tratta però, nella sostanza, di una terzietà piuttosto particolare e delicata, in quanto, dalle vostre risposte potrebbe sorgere una responsabilità, sia di carattere tributario, sia, soprattutto, di carattere personale a fini penali, rispetto alla quale le risposte medesime si porrebbero, ad un tempo, come fonte delle notizie e come strumento di prova documentale penale a  vostro carico.

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Bancarotta documentale: le varie condotte ipotizzabili e il conseguente discrimine fra bancarotta semplice e fraudolenta

  La fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale viene solitamente trattata nei capi di imputazione con una certa approssimazione, vale a dire con una contestazione che fa genericamente richiamo – in via cumulativa o alternativa – a tutte le ipotesi descritte dall’art. 322, comma 1 lett. b del Codice della Crisi (d.lgs. n. 14 del 2019).

  La norma contempla, in realtà, due ordini di ipotesi: a) l’imprenditore ha sottratto, distrutto o falsificato le scritture contabili al fine di trarne un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori; b) oppure le ha tenute in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o degli affari.

  Tali ipotesi oggi, a seguito della riforma Cartabia, dovrebbero sperabilmente trovare più precisa indicazione all’interno del capo di imputazione, dal momento che la nuova procedura prevede, in capo al Gup, più pregnanti poteri di controllo sulla precisione e sulla correttezza sostanziale delle contestazioni, affinché l’imputato possa comprendere bene da cosa si deve difendere.

  Una recente pronuncia della Cassazione è intervenuta proprio a ribadire le linee guida per un corretto inquadramento dei casi di bancarotta documentale, anche al fine di distinguerle dal più lieve reato di bancarotta semplice.

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Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte in caso di fondo patrimoniale o donazione

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Per la migliore comprensione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte è opportuno richiamare alcuni esempi concreti, tratti dalla giurisprudenza, i quali ci consentiranno di sottolineare gli elementi che caratterizzano questa figura e che fanno da discrimine fra ciò che è reato e ciò che non lo è.

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Intestazione fittizia di un bene per non pagare le imposte: il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

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  L’articolo 11 del decreto legislativo 74 del 2000 si intitola “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” ed è una norma, spesso sottovalutata, che punisce con la reclusione fino a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento dell’imposta sul reddito o dell’Iva, si spoglia di un proprio bene in modo fittizio o simulato.

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Mancato pagamento delle imposte e reato di bancarotta

  La bancarotta per operazioni dolose (art. 223, 2° comma n.2 L.F., oggi art. 329, 2° comma lett. B Codice della Crisi) è notoriamente ipotesi residuale o “di chiusura” del sistema incriminatorio penal-fallimentare, in quanto contempla una fattispecie atipica e potenzialmente aperta, consistente in condotte che rilevano penalmente (a titolo di dolo) solo per la presenza di un quid pluris, qualificante e unificatore.

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Bancarotta e reati fiscali: la strategia di addossare la colpa al commercialista

   Uno degli aspetti interessanti che emergono dalla giurisprudenza (si veda fra le altre cass. pen. 34391/2022) in tema di bancarotta e di reati fiscali, è lo snodo che chiama in causa il Commercialista o Consulente fiscale dell’imprenditore.

  Molti imputati infatti, a torto o a ragione, scelgono come strategia difensiva quella di addossare la colpa al detto professionista. Lo fanno, evidentemente, nella speranza che il richiamo al presunto errore contabile del commercialista possa portare ad escludere il dolo in capo all’imputato.

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Presentare telematicamente una denuncia o una querela

   Presentare una denuncia o una querela oggi è più facile grazie al provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia del 24 febbraio 2021.

   Tale atto, in esecuzione della nuova normativa resa necessaria ed urgente dall’emergenza sanitaria, ha finalmente dato avvio ad un primo modulo di processo penale telematico.

   Esso contiene le disposizioni relative al deposito con modalità telematica delle memorie, documenti, richieste e istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale, dell’ istanza di opposizione alla archiviazione indicata nell’art. 410 c.p.p., della denuncia e della querela di cui agli artt. 333 e 336 del codice di procedura penale e della relativa procura speciale, della nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato.

   Per quanto riguarda in particolare la denuncia e la querela, fino ad oggi, l’avvocato del denunciante, nominato per tale scopo, doveva poi recarsi fisicamente in Procura per il deposito.

   Grazie al nuovo strumento telematico oggi diventa più semplice scegliere di sporgere denuncia o querela nello studio di un avvocato.

   Sarà sufficiente nominare per tale scopo un proprio difensore e l’atto, dopo essere stato sottoscritto dalla parte, scansionato e controfirmato digitalmente dall’avvocato, potrà essere immediatamente depositato presso la Procura della Repubblica competente, attraverso l’inoltro telematico appositamente previsto dal Portale dei Servizi Telematici, nella sezione Portale Deposito atti penali (PDP).

   Allo stesso modo ne potrà essere seguito l’iter, per evitare, come troppo spesso è accaduto, di provare la motivata sensazione che la propria denuncia continui a rimbalzare fra le quattro pareti di gomma di un qualche ufficio di Procura, il cui immaginifico rivestimento contribuisca ad attutirne non solo l’energia emotiva ma lo stesso rumore.

   Abbiamo parlato della nuova modalità di inoltro e di seguito telematico ma ciò non deve offuscare la ragione principale per la quale spesso si rivela estremamente opportuno presentare la denuncia e la querela presso un avvocato.

   Non bisogna dimenticare infatti che si tratta di un atto molto serio, che può comportare importanti conseguenze di ordine giuridico e pratico e per il quale, dunque, non si dovrebbe mai prescindere da una consulenza competente ed approfondita, sia relativamente all’opportunità della presentazione, sia in ordine alla forma, sia, ancora, in ordine alle necessarie precostituzioni probatorie.

   Quest’ultimo riferimento vuole sottolineare che una denuncia, se non è ben ponderata e ben confezionata, non rischia solo di ritorcersi contro chi l’ha presentata ma rischia poi di infrangersi contro la difficoltà di reperimento di elementi di prova a sostegno. Ciò è tanto più vero in un mondo in cui la prova digitale ha assunto un rilievo fondamentale, spesso affidato alla capacità di gestirne professionalmente l’ontologica volatilità.      

autore dell’articolo Enrico Leo – tutti i diritti riservati 

Il travisamento della prova nel ricorso per cassazione su doppia conforme

Il ricorso per cassazione in materia penale – gli avvocati lo sanno – rappresenta una strada che col passare del tempo è divenuta sempre più stretta.

Questo progressivo restringimento dei margini di accoglibilità (in realtà si tratta molto spesso di un argine che determina addirittura l’inammissibilità dell’impugnazione), è dovuto ad almeno due ragioni concomitanti: l’esigenza di chiudere prima possibile un iter processuale quasi sempre lunghissimo, scongiurando così la prescrizione, e la necessità di porre un limite al numero, troppo elevato, dei procedimenti pendenti.

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