Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: sequestro preventivo sui beni che il terzo ha ricevuto in donazione dal debitore

   La Cassazione (sez. 3^, rel. Orilia) con sentenza depositata il 9 settembre 2015, torna sul sequestro preventivo dei beni donati, da parte di chi sia indagato per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

   Il ricorso, proposto dal donatario, figlio dell’indagato e titolare del bene sequestrato, si basava sulle seguenti deduzioni:

  • L’atto di donazione non è idoneo a pregiudicare gli interessi del fisco, in quanto facilmente revocabile e ciò dimostrava altresì la mancanza di intento fraudolento;
  • Anche dopo l’atto di donazione il patrimonio del donante rimaneva capiente rispetto alla pretesa del fisco

Questa la risposta della Cassazione:

  • La riforma del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte intervenuta nel 2010, ha trasformato tale illecito in reato di pericolo, per la cui integrazione è dunque sufficiente l’ astratta idoneità a rendere inefficace, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva
  • Lo scopo dell’incriminazione è quello di salvaguardare l’intangibilità della garanzia patrimoniale, evitando di rendere anche solo più difficile la riscossione.

   Pur sulla base di questi principi, già oggetto di numerosi precedenti conformi, rimane la necessità di valutare, nei molti casi concreti che si presentano in questa materia, l’effettiva idoneità dell’atto di spossessamento, cosa che la Cassazione difficilmente riesce a fare in quanto, fatto salvo il vizio di motivazione meramente apparente, la terza istanza cautelare può solo occuparsi di violazione di legge.

    Invero, il giudizio sulla fraudolenza dell’atto e sulla conseguente sussistenza del dolo specifico, richiesti dalla norma incriminatrice, è per lo più questione di valutazione degli elementi indiziari, salvo poter essere attaccato, in un limitato numero di casi, anche sotto il profilo dell’errata applicazione della legge.

   Per esempio, il fine di sottrarsi al pagamento delle imposte (dolo specifico) sembrerebbe non potersi ritenere sussistente in caso di donazione, atto che, di per sé non integra l’estremo di un negozio simulato o fraudolento e non pare affatto idoneo a vanificare la procedura di riscossione.

   Ciò è tanto più vero ove si consideri la recente introduzione dell’art. 2929 bis c.c., in forza del quale, in caso di donazione successiva al sorgere del credito, la procedura esecutiva può essere promossa senza alcun ostacolo.

   Più complessa e più attinente ad un’accorta ponderazione degli elementi di prova appare, invece, la valutazione dell’idoneità di un atto dispositivo a rendere anche solo più difficile l’esazione coattiva: qui tutto dipende dalle proporzioni fra beni ceduti e patrimonio residuo.

Autore dell’articolo: Enrico Leo. Tutti i diritti riservati.​