Dichiarazione fraudolenta e infedele: i rapporti fra il processo tributario e il processo penale

La terza sezione penale della cassazione ha depositato ieri, 12 ottobre, la sentenza 40755/2015 con la quale ha annullato una pronuncia di condanna emessa dalla Corte d’appello di Roma, in materia di reati fiscali.

All’imputato, quale legale rappresentante di una società, era stato contestato il reato di dichiarazione infedele, per avere omesso di valorizzare integralmente in dichiarazione i ricavi della vendita di alcuni appartamenti. In particolare, sia l’Ufficio che la Procura avevano ritenuto irrilevanti i costi di produzione, perché sostenuti oltre dieci anni prima della cessione.

Era però accaduto che, prima della definizione completa del processo penale, fosse passata in giudicato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che aveva riconosciuto fondata la deduzione dei detti costi.

La Corte di Cassazione, sconfessando l’operato della Corte di merito, ha statuito che, in una simile fattispecie, il giudice penale, qualora ritenga di doversi scostare dalla sentenza definitiva emessa in sede tributaria, deve spiegare in modo stringente questo suo opinamento.

Deve, in particolare, spiegare per quali ragioni, l’accertamento definitivo raggiunto in sede fiscale non possa spiegare i suoi effetti anche nel giudizio penale.

In definitiva, resta fermo il consolidato orientamento della giurisprudenza penalistica, secondo il quale il giudicato tributario non vincola il giudice penale e quest’ultimo può pervenire – sulla base di elementi di fatto in ipotesi non considerati dal giudice tributario – ad un convincimento diverso.

Basti pensare, in proposito, alla diversità strutturale del rito tributario e del rito penale e, in particolare, alla notevole diversità dei possibili approfondimenti istruttori, nonché ai poteri del giudice penale di disporre qualsiasi mezzo di prova, in vista del perseguimento del fine ultimo della ricerca della verità.

Ciononostante, per discostarsi dall’accertamento concordato con il contribuente o dall’accertamento divenuto definitivo all’esito del contenzioso, il giudice penale deve motivare in modo puntuale le ragioni della divergenza di approdi, pena la nullità della sentenza.

Autore dell’articolo Enrico Leo. Tutti i diritti riservati